BOOGALOO

A metà degli anni 60, negli Usa, la musica latina era in crisi.
La moda della pachanga che coinvolgeva i ballerini da alcuni anni, mostrava segni di declino dal 1965. Eseguita da grandi orchestre, la pachanga, in effetti, sembrava inadattabile ai nuovi tempi che si infiammavano al suono dei Beatles provenienti dell’Inghilterra, al twist, una derivazione del rock’n’roll, e del furioso rhythm’n’blues, a volte moderato per il soul commerciale della Motown. Lo swing delle grandi orchestre latine prendeva così una forma antica agli occhi dei giovani latini nati in New York che comunque consideravano questa musica come parte delle proprie radici in cui si identificavano. Quando condividevano la loro tradizione musicale con i negri americani ciò che ne usciva era chiaramente una miscela di ritmi.
È da questa fusione – musica latina, twist, rhythm’n’blues – che nacque il boogaloo. Ideale tanto per il disco quanto per la scena, questa nuova musica si esprime solitamente in inglese, e questa cosa rese possibile un grande riscontro commerciale. Dimostrato da grandi successi come I like it like that di Pete Rodriguez, sacro “re” del boogaloo.
Contagiati da questo nuovo virus, tutti i musicisti latini si infiammano per questa nuova febbre e cercarono di approfittare dei vantaggi commerciali. In generale le parole sono senza significato, ma l’impatto musicale è forte. Alcuni vedono nel boogaloo una semplice degradazione della musica latina, che è comunque un adattamento al cambiamento dell’epoca, privilegiando un suono più aggressivo e più diretto.
Questo ritmo regnerà nella musica latina fino al principio degli anni 70, prima di cedere il passo alla salsa, per la quale aveva preparato il terreno: E’ la salsa infatti che riuscirà a traghettare di generazione in generazione la musica latina senza rischiare di far perdere identità al filone musicale latino americano.